Società tra Professionisti (STP) – Novità, Aggiornamenti e Criticità. “1a parte”

Società tra Professionisti (STP) – Novità, Aggiornamenti e Criticità.
“1a parte”

A cura di Emilio Abruzzese 

Come già ampiamente illustrato in un articolo dello scorso anno (oggetto di trattazione di un convegno organizzato dall’ODCEC di Bologna il 13 aprile 2015), unitamente ad un collega commentai il disegno di legge che avrebbe dovuto comportare, per le STP, l’applicazione del “regime fiscale delle associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”, a prescindere dalla struttura giuridica utilizzata.

Nello stesso articolo illustrammo per quali motivi ritenessimo (e ritenga tuttora) che attualmente sia la struttura giuridica prescelta che regolamenta la conseguente disciplina fiscale; inoltre, esponemmo fortissime perplessità riguardo l’annunciata modifica normativa, che avrebbe creato un ibrido, dalle controindicazioni fortissime e forse, non completamente immaginabili.

Seducentemente, si sono avute conferme da parte dell’Amministrazione Finanziaria della qualificazione di reddito d’impresa prodotto dalle STP commerciali strutturate in forma di società di persone “commerciali” o di società di capitali.

In altre parole, per il Fisco “è il vestito che fa il monaco”.

Su questo solco, si ha notizia della seguente prassi:

  • Risposta ad interpello da parte dell’ADE come da pubblicazione sul Sole 24h del 24/5/2014
  • Risposta dell’ADE ad interpello dell’Ordine Dottori Commercialisti di Trento, consulenza giuridica 954-55/2014.

Nel 2014, nel corso dell’iter di approvazione del decreto sulle semplificazioni fiscali, in forza della delega contenuta nella Legge 11 marzo 2014, n. 23 [c.d. “Delega fiscale”] Art. 7. Semplificazione. (Gazz. Uff. n. 59 del 12 marzo 2014 Serie Generale), la norma annunciata come da inserire in detto decreto delegato si è persa per strada.

Le motivazioni di questo pentimento si ritrovano nei pareri forniti dalla Commissione finanze della Camera e dalla Commissione Finanza e Tesoro del Senato.

Così si è espressa la prima Commissione:

la norma “rischia … di non costituire una semplificazione per le STP in forma di società di capitale e società cooperative, le quali dovranno tenere una duplice contabilità e redigere un doppio bilancio: uno civilistico, basato sul principio di competenza economica, e uno fiscale, ispirato al criterio di cassa”.

Ancora … “sia soppresso l’articolo 11… relativo al regime fiscale delle società tra professionisti, in quanto l’applicazione, a prescindere dalla  forma giuridica, della disciplina fiscale delle associazioni senza personalità giuridica costituite per l’esercizio associato di arti o professioni, di cui all’art.  5 del Tuir, renderebbe estremamente difficile la possibilità di adottare la società tra professionisti, soprattutto nella versione di società di capitali e cooperativa, considerato che applicare allo stesso soggetto regole fiscali (principio di cassa) difformi e antitetiche rispetto a quelle contabili (principio di competenza), disciplinate peraltro da direttive europee, provocherebbe la proliferazione di adempimenti tra loro scarsamente conciliabili, e determinerebbe oneri e complicazioni tali da rendere non economicamente conveniente, né concretamente attuabile, l’impiego di tali forme societarie per lo svolgimento delle attività”.

Fortemente critica rispetto alla annunciata e mai nata norma, anche la seconda Commissione, quella del Senato.

Ho “salutato” con favore questi orientamenti, garbatamente e rispettosamente controcorrente rispetto a quanto scritto dall’Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, nella sua Circolare n. 34/IR del 19 settembre 2013. Possibili novità potrebbero derivare dalla introduzione dell’IRI (Imposta sul reddito imprenditoriale), in attuazione della legge delega fiscale, come bene evidenziato in dottrina.

Esaurito questo aggiornamento, e consolidata, per ora, la qualificazione di reddito d’impresa, così come prodotto dalla STP in forma di società di capitali o di persone “commerciali”, rimane da affrontare la disciplina fiscale della trasmigrazione “dello studio professionale” verso la STP “societaria”.

La prassi conosciuta, al momento, si riferisce a trasmigrazioni verso associazioni professionali, ed è antecedente rispetto all’articolo 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183.

Tale prassi sostanzialmente afferma che in caso di costituzione di associazione professionale, non vi è tassazione per il professionista che, detta in senso atecnico, “conferisca” la propria clientela, nel necessario presupposto che lo stesso professionista non percepisca, per tale “conferimento”, alcun corrispettivo dalla costituenda associazione. A mio avviso, non potrebbe essere altrimenti.

Ovviamente la citata prassi aveva a riguardo il comma 1-quater dell’art. 54 del TUIR, così come introdotto dal comma 29 dell’art. 36 del D.L. 4/7/2006, n. 223, conv. in L. 4/8/2006, n. 248, per effetto del quale alla formazione del reddito di lavoro autonomo concorrono anche i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale.

Lo stesso (intassabilità in mancanza di corrispettivo) dovrebbe valere ove de facto “la clientela” sia trasferita, senza corrispettivo alcuno, in una STP. Però non si può così semplificare l’analisi. La corretta base di partenza deve essere costituita da un corretto perimetro di ciò che, usualmente, può essere oggetto di trasferimento in una STP. Essenzialmente, beni materiali ed un avviamento costituito dalla clientela e dal nome che lo studio può avere assunto.

Per quanto riguarda i beni materiali, precedentemente acquisiti nell’esercizio della professione, vale quanto disposto dal comma 1-bis dell’art. 54 del TUIR (essenzialmente le lettere a) e c). La lettera a) prevede il concorso alla formazione del reddito (professionale) delle plus e delle minusrealizzate mediante la cessione a titolo oneroso”.

Per effetto di quanto previsto dall’u.c. dell’art. 9 del TUIR, i conferimenti in società sono assimilati alle cessioni.
Quindi: conferimenti = cessioni a titolo oneroso.

La lettera c) prevede ugualmente il concorso alla formazione del reddito in caso di destinazione dei beni al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o la professione, o a finalità estranee all’arte o alla professione.

Da ciò ne dovrebbe conseguire che nei casi – si immagina – non frequenti, di realizzo ex lettera a) o di “destinazione” ex lettera c), che abbiano per oggetto beni con valore normale superiore al costo fiscalmente riconosciuto, per effetto di cessioni a titolo oneroso (conferimento compreso) o di utilizzo improprio di beni da parte di una STP, beni già di proprietà del professionista, si abbia la tassazione delle relative plusvalenze.

I numeri ovviamente più rilevanti riguardano il passaggio della clientela ed il “nome”alla STP.  Per tali beni immateriali, non si parte da un valore fiscalmente riconosciuto.

Continua...