La nuova tassazione sostitutiva per i “ricchi immigrati” – Parte 3 di 3
A cura di Emilio Abruzzese
In questa lunga analisi viene espressa e chiarita la legge di Bilancio n. 232 relativa ai “ricchi immigrati” (11/12/2016) – 3a parte
Premesse:
La legge 11 dicembre 2016, n. 232 (“legge di Bilancio”), al fine di tentare di favorire l’afflusso nel Territorio dello Stato di persone fisiche auspicabilmente facoltose e foriere di gettito fiscale, ha introdotto all’art. 1, nei commi dal 152mo al 159mo, un regime opzionale sostitutivo delle imposte sul reddito, che prevede il pagamento di un importo fisso di € 100.000,00 per anno, volto a coprire, per un periodo ordinariamente previsto di quindici anni, quanto dovuto per i redditi prodotti all’estero (e non, quindi, per quelli prodotti nel territorio dello Stato).
Premesso questo abstract, riportato per favorire la comprensione del dettaglio che segue, cercherò di evidenziare i tratti salienti della novella normativa con alcune prime riflessioni, in anticipo sul previsto Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, che dovrà completare la definizione della disciplina delle modalità applicative per l’esercizio, la modifica o la revoca dell’opzione.
Semplificazioni ed agevolazioni
Per il periodo di vigenza dell’opzione, non sussistono gli obblighi di monitoraggio né quelli di corresponsione di IVIE ed IVAFE.
Si ha inoltre una sorta di agevolazione collaterale ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni: per il periodo di vigenza dell’opzione, la tassazione è limitata ai beni e diritti esistenti nello Stato al momento della successione o donazione.
Tale limitazione pare, però, letteralmente riferirsi al solo soggetto che esercita l’opzione e non ai familiari ai quali l’opzione sia estesa[1].
[1] Dovrà darsi risposta a questo quesito: se non è dovuta l’imposta sulle successioni e donazioni sui beni e diritti detenuti all’estero, qual è il costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni per il donatario/successore?
Considerazioni finali
Le modalità applicative per l’esercizio, la modifica o la revoca dell’opzione e per il versamento dell’imposta sostitutiva saranno individuati con Provvedimento del Direttore dell’A.d.E., da emanarsi entro 90 gg. dal 1° gennaio 2017.
Nei primi commenti si è affrontato il tema di eventuali contrasti fra la disciplina di cui trattasi ed alcuni passaggi costituzionali, segnatamente ed essenzialmente ricompresi nell’art. 53 della Costituzione.
A mio modo di vedere, non dovrebbero sorgere problemi di tal fatta, poiché la non confluenza del reddito di fonte estera nel reddito complessivo non pregiudica i principi di capacità contributiva e progressività, posto che per i redditi prodotti in Italia tali principi non sono derogati.
Ritengo quindi che il meccanismo di determinazione forfetaria di tassazione del reddito prodotto all’estero possa passare indenne ad eventuali eccezioni di incostituzionalità.
Conclusivamente, se mi è permesso un giudizio sulla novella disciplina opzionale, sembra si tratti di una normativa che potrebbe spaventare più che attrarre nuovi soggetti fiscalmente residenti in Italia.
Inoltre, pare non incentivare a produrre redditi in Italia, bensì a mantenere il centro principale degli affari ed interessi all’estero.
Ancora, che garanzie avranno i novelli contribuenti italiani della immodificabilità degli importi forfettari di € 100.000,00 ed € 25.000,00? O della durata dell’opzione per 15 anni?
E’ vero che esiste l’istituto della revoca dell’opzione, ma cambiare residenza fiscale, soprattutto se si tratta di un cambiamento di sostanza e non di PO Box, non è cosa agevole e richiede una chiara prospettiva, osservato però che il frequente cambiamento dei governi italici è stato storicamente foriero di mutevolezza ondivaga delle leggi tributarie.
Potrebbe essere quindi rischioso cambiare regime per chi ora “sta bene” in altra legislazione.
A quanto pare, il pessimismo appena evidenziato, è stato manifestato addirittura dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, nel corso della Sua audizione del 7 novembre 2016, dinanzi alle Commissioni riunite Bilancio, della camera dei Deputati e del Senato della Repubblica: “Nella relazione tecnica si legge che “Pur ritenendo che dalla disposizione potrebbero derivare effetti positivi per il bilancio dello Stato, alla stessa, prudenzialmente, non si ascrivono effetti”. Ciò verosimilmente in considerazione del ridotto numero dei potenziali beneficiari e della combinazione tra il nuovo gettito riconducibile ai soggetti che rientreranno a seguito dell’introduzione dell’incentivo e l’implicita rinuncia ad un’imposizione piena che si sarebbe applicata a coloro che sarebbero rientrati in Italia in assenza della norma in esame.”
A parte la qualificazione della misura come di “incentivo”, che ci permettiamo di non condividere, così come del riferimento ad un “rientro”, che lascerebbe intendere che la stessa disciplina si applichi (cosa che non è) solo ai soggetti precedentemente “fiscalmente italiani”, la previsione è – di contro – assolutamente condivisa.
A cura di Emilio Abruzzese