Società tra Professionisti (STP) – Novità, Aggiornamenti e Criticità. “2a parte”

Società tra Professionisti (STP) – Novità, Aggiornamenti e Criticità.
“2a parte” – Caso Pratico.

A cura di Emilio Abruzzese 

Caso Pratico – Cessione di Clientela ad una STP (Società tra Professionisti)

 In questo articolo simuleremo un caso pratico della cessione di clientela ad una STP. Per il cedente, vale l’art. 54, comma 1 quater, TUIR.

Se il cessionario è un professionista oppure un’associazione professionale, il trattamento è speculare: tassazione del corrispettivo da un lato, deducibilità nell’anno del pagamento, dall’altro. Tutto secondo il principio di cassa, senza alcuna possibilità per il cedente di avere una tassazione frazionata delle plusvalenze. Per il cedente, c’è temperamento della tassazione, per la possibilità concessa di fruire della tassazione separata per i corrispettivi, se percepiti in unica soluzione, “percepiti per la cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale.”

In materia di IRAP, il cedente non potrà far valere l’eccezionalità dell’operazione così come invece accade per i soggetti in regime di reddito d’impresa.

Ma se chi compra è una STP in forma di società “commerciale”?

Nell’assunto che, attualmente, le STP trovano la disciplina del reddito d’impresa, se costituite in forma di società di capitali o enti equiparati, la disciplina non sarebbe più speculare fra cedente e cessionaria, perché presumibilmente dovrebbe valere quanto previsto dal 3° comma dell’art. 103 del TUIR, con deducibilità ripartita per diciottesimi (avviamento).

Ciò, a meno che per cessione non si intenda tanto la cessione della clientela, quanto un corrispettivo pattuito per la collaborazione del professionista cedente alla “trasmigrazione” della clientela da sé stesso.
Se così fosse, potrebbe sostenersi la deducibilità per la cessionaria in base a quanto previsto ordinariamente dalla lettera b) del 2° comma dell’art. 109 del TUIR.  

Le cose si complicano oltremodo quando si inizia ad immaginare un conferimento (non di beni materiali, prima invece trattati), bensì di immateriali. La nota sentenza di Cassazione (Sez. II civ.) n. 2860 del 9 febbraio 2010 sdoganò il concetto di avviamento professionale, dando torto ad un professionista che, avendo sottoscritto un preliminare che prevedeva il pagamento di un  corrispettivo per l’acquisizione di un “pacchetto clientela”, pretendeva ex post di considerarlo nullo, per la (sopraggiunta) pretesa di contestarne la legittimità. La Corte di Cassazione, pur nella consapevolezza che l’azienda è altra cosa, visto che l’art. 2555 c.c. la definisce come il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, ammette che vi possa essere un “avviamento professionale”, come ricordato nella bella Circolare della Fondazione Nazionale dei Dottori Commercialisti del 15 gennaio 2015 (“Evoluzione dello studio professionale in STP”) (“Circolare FNC”).

Per le SpA vige il noto divieto ex u.c. art. 2342 c.c.: “Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi”. L’u.c. dell’art. 2346 c.c. consente però di emettere strumenti finanziari con diritti patrimoniali e partecipativi a fronte di opere e servizi da parte di soci e di terzi che, come interpretato dall’Agenzia delle Entrate (Circolare n. 26/E del 16 giugno 2004) “non sottendano una partecipazione al capitale o al patrimonio della società partecipata…”.

In ambito SRL, invece, è previsto il conferimento di prestazione d’opera o di servizi, per effetto dell’art. 2464 c.c., che lo subordina alla produzione di una polizza assicurativa o di una fideiussione bancaria a garanzia. Ovviamente questa non è la sede per approfondire il substrato civilistico di tale previsione. In dottrina si è giustamente ricordato che oggetto del conferimento non è la garanzia ma la prestazione dell’opera o del servizio:

Gli strumenti della fideiussione e della polizza non prendono il posto del conferimento, ma ne assicurano l’adempimento…”. Al proposito, sul fronte tributario si rammenta la risposta ad interpello (Risoluzione n. 35/E del 16/3/2005) in tema di conferimento di opere e servizi. In tale risoluzione l’Agenzia affermò la piena rilevanza fiscale per il conferente e la conferitaria, con regimi differenziati di concorso alla formazione del reddito, per il conferente, solo con riguardo all’applicazione del regime di cassa o di competenza, a seconda del suo essere professionista o imprenditore.

Sul fronte della conferitaria, fu affermata la piena applicazione del regime di competenza ex art. 109 del TUIR. Fatte queste premesse, e per tornare al tema specifico della trasmigrazione da “studio professionale” a STP “società commerciale”, e allo specifico della conferitaria Srl, vi possono essere due scenari:

  1. Quello del conferimento d’opere e servizi, dove il soggetto che di fatto conferisce la propria attività professionale riceve una partecipazione “in cambio” delle prestazioni effettuate post costituzione, che fanno sì che si realizzi la transizione dal vecchio al nuovo.
  2. Quello, tutto da esplorare e verificare civilisticamente, dove l’oggetto del conferimento non sia costituito da attività da realizzarsi ex post, bensì sia costituito dalla valorizzazione all’avviamento professionale insito nell’auspicato “automatico” passaggio di clientela.

Per quanto attiene il primo scenario, le risposte stanno nella Risoluzione appena ricordata. Nel secondo scenario, nel presupposto che civilisticamente possa essere data una valorizzazione, di per sé, all’avviamento professionale che si vuole conferire in una STP, le cose a mio avviso si complicano quando si deve determinare la fiscalità del conferimento per conferente (lavoratore autonomo) e conferitaria STP “società commerciale”.

Se è pacifico che nel caso 1 la rilevanza fiscale per il professionista che conferisce i servizi si ha quando il servizio viene fornito e si ha la trasformazione del credito per il servizio fornito in capitale sociale versato, di contro, nel caso 2, sempre che civilisticamente sia data rilevanza all’avviamento professionale senza che sia richiesta un’ultrattività del professionista, le cose possono non essere così scontate.

Se è vero, come è vero, che:

  1. la cessione di clientela è tassata ex 54, comma 1 quater, TUIR,
  2. e se è vero, come è vero, che in base all’art. 9 del TUIR il conferimento in società è equiparato alla cessione a titolo oneroso,

ne dovrebbe discendere che il conferimento che “automaticamente” dovesse comportare l’attribuzione di quote (senza obblighi di successive prestazioni di servizi), a rigore dovrebbe avere effetti fiscalmente rilevanti in capo al soggetto conferente.

Fra l’altro, che il conferimento d’azienda sia operazione fiscalmente neutra ex art. 176 del TUIR qui poco rileva, per un duplice ordine di motivi:

  1. La neutralità ex art. 176 del TUIR presuppone la qualifica di imprenditore in conferente e conferitaria;
  2. a rigore, quel che viene trasferito non è “azienda”.

Di contro, se tale ipotesi fosse corretta, un eventuale avviamento professionale iscritto nell’attivo della conferitaria sarebbe fiscalmente rilevante e quindi le quote del suo ammortamento dovrebbero essere fiscalmente rilevanti e perciò deducibili, diversamente da quanto accade nei conferimenti d’azienda da impresa a impresa.

Ancora, se tale ipotesi interpretativa fosse ritenuta corretta, ed ove civilisticamente possa essere data attribuzione di valore al mero conferimento della clientela, probabilmente dovrebbe mettersi mano alla legislazione, per far sì che il conferimento della clientela da parte di professionisti non abbia a subire un trattamento più penalizzante rispetto a quello che si ha nel conferimento di aziende commerciali.

Altra fattispecie anch’essa tutta da esplorare è quella della trasformazione eterogenea progressiva ex art. 2500-octies c.c. e della conseguente applicazione del 2° comma dell’art. 171 del TUIR.

Fermi restando tutti gli aspetti da approfondire in campo civilistico, l’eventuale trasformazione da “studio associato” a STP in forma di società di capitali o di società di persone “commerciali”, fa sì che si consideri conferimentolimitatamente ai beni diversi da quelli già compresi nell’azienda o complesso aziendale dell’ente stesso”.

Va da sé che nulla, a rigore, potrebbe essere prima compreso in un’azienda o complesso aziendale, visto che – come prima precisato – il professionista per definizione non è imprenditore.

Quid juris quindi del cosiddetto “avviamento professionale” così come sopra definito dalla citata sentenza di Cassazione, visto che si avrebbe un conferimento  (= cessione, ai sensi dell’art. 9 del TUIR) di “un qualcosa” non compreso in un’azienda che per definizione non può esistere?

A cura di Emilio Abruzzese